Ho trascorso del tempo in un altro posto, dentro un’amaca. Non troppo comoda, ma neanche troppo piccola. Ci dormivo, ci mangiavo. E poi vennero gli altri, quelli incuriositi da me e dalla mia amaca, e feci loro spazio. Caspita! Ci entravamo eccome! Il caldo. Facevamo a turni per spingere l’amaca, così quelli che ci stavano su acchiappavano il vento e stretto se lo tenevano. Dentro l’amaca siamo diventati una famiglia, e questa divenne una casa. Casa è dove entri senza bussare, senza chiedere “È permesso?”. Ci entri e ti stendi senza troppo pensare, senza troppo riflettere. Poi ci sono quelli che l’amaca non la tengono, ma ti portano il pesce per condividerlo, per mangiarlo insieme. Dentro l’amaca c’è anche gente che scarica le proprie lacrime e poi trova conforto dentro una San Miguel. Dentro quell’amaca un poco malandata ci ho buttato la mia vecchia carcassa e, come i serpenti, ho cambiato pelle.