Questa è la terza estate di Incoroniamoci, un progetto di ricerca elaborato nella prima primavera del covid, iniziato sulle stories temporanee di instagram e divenuto poi podcast durante un erasmus ateniese.
Da allora non s’è prodotto granché. Sei episodi non fanno di te una sound designer, ma poco importa perché queste storie m’hanno reso migliore rispetto all’abrutimento che se stava a ‘nquarta durante la pandemia.
Avevo una sete assurda di speranza, di modelli di vita che non avessero vinto alcun Nobel o riconoscimenti ufficiali per sentirmi meno sola, per realizzare che se c’è alleanza allora c’è superamento dell’abisso. E così è stato.
Le persone che hanno acceso il registratore e si sono raccontate mi hanno insegnato ad avere rispetto del dolore non guarito, a non svelare i sogni nel cassetto e a cantare le gesta senza banalizzarle. A loro devo la migliore abilitazione di cantastorie che nessun’altra scuola può darmi.
Per ultimo, ma non meno importante, chi si mette in ascolto. A te dobbiamo riconoscenza perché in questo fare frenetico sei spazio e insieme intimità, dove le nostre voci trovano riparo per 15 min, il tempo di un podcast.