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Ep.03 Amina, “per un fazzoletto in testa”

È un tessuto molto fine, leggero, di diversi colori, di differenti forme. Si utilizza nell’abbigliamento femminile per filtrare, nascondere, abbellire. Il “velo” può opprimere. Il “velo” può rappresentare la libertà. Incoroniamoci condivide la sua terza puntata: la storia di Alessia Amina, donna musulmana felice perché ha deciso di indossarlo.

Si ringrazia per la creatività condivisa e il tempo dedicato:
Alessia Amina Menghini

Citazione letteraria:
Leila El Houssi, L’incanto della memoria in I. Scego (A cura di), Future. Il domani narrato dalle voci di oggi, «Rondini», Firenze, effequ, 2019, pp. 140-141

Brano:
Adriano Celentano, Azzurro, V. Pallavicini, P. Conte. Azzurro/Una carezza in un pugno, 1968

Per ascoltare l’episodio: clicca sul seguente link! Buon ascolto :)

Cinepresa 01 | Filippine 2018

Ho trascorso del tempo in un altro posto, dentro un’amaca. Non troppo comoda, ma neanche troppo piccola. Ci dormivo, ci mangiavo. E poi vennero gli altri, quelli incuriositi da me e dalla mia amaca, e feci loro spazio. Caspita! Ci entravamo eccome! Il caldo. Facevamo a turni per spingere l’amaca, così quelli che ci stavano su acchiappavano il vento e stretto se lo tenevano. Dentro l’amaca siamo diventati una famiglia, e questa divenne una casa. Casa è dove entri senza bussare, senza chiedere “È permesso?”. Ci entri e ti stendi senza troppo pensare, senza troppo riflettere. Poi ci sono quelli che l’amaca non la tengono, ma ti portano il pesce per condividerlo, per mangiarlo insieme. Dentro l’amaca c’è anche gente che scarica le proprie lacrime e poi trova conforto dentro una San Miguel. Dentro quell’amaca un poco malandata ci ho buttato la mia vecchia carcassa e, come i serpenti, ho cambiato pelle.

Os.01 Le mostre fotografiche sull’Altro: modalità di costruzione e ricezione

Fino al 27 novembre dell’anno corrente il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospiterà “Vicino/lontano” una mostra fotografica che si dichiara essere un “viaggio alla scoperta del patrimonio culturale e naturale dell’immigrazione in Italia”.

“Oltre quattrocento scatti”, pubblicizza la notizia, “da fotografi provenienti dai Paesi con il maggior flusso migratorio verso l’Italia”. Lo scopo? Quello di “favorire il confronto e la reciproca conoscenza tra migranti e cittadini italiani ricordando che la Dichiarazione sulla Diversità Culturale dell’UNESCO afferma che “nelle nostre società sempre più diverse è essenziale assicurare un’armoniosa interazione tra persone e gruppi con identità culturali plurali, varie e dinamiche, così come la loro volontà di vivere insieme”.

Tuttavia resta urgente stringere il diaframma della fotocamera per scansare ogni rischio di essere accecati dalla luce di cotanto stimabile filantropismo. La mostra, difatti, è suscettibile di almeno tre obiezioni:

  1. La bellezza estetica degli scatti rinforza in chi li guarda il gusto per l’affascinante quanto deleterio esotismo, confermando le suggestioni artificiali dei “paesi lontani”, dove l’Altro è nominato e perde il potere di significare (E.W. Said, 1978).
  2. L’assenza di didascalie annulla il dialogo tra la testimonianza visiva e chi la visita/la guarda, scoraggiando ogni forma di “interazione” o, quantomeno, di riflessione.
  3. La somma delle prime due criticità e il vuoto in massa delle storie, dei volti e dei corpi nella sala e sui muri invisibilizza perché idealizza ancora e di nuovo chi questo paese lo costruisce, lo cura e gli serve i piatti tavola.

Smetteremo mai di essere solo l’incenso fumante nel vostro salone, il curry sul vostro pollo, il cous cous della vostra cena etnica? Imparerete a capire perché lo si accende, perché è più buono mangiato con le mani e, infine, come si cucina realmente? Cominceremo mai insieme e vicendevolmente a sentire meno quel “vicino/lontano”?

AVVERTENZA: Il post non intende deligittimare il percorso creativo e intellettuale dei/lle fotografi/e coinvolti/e. Ogni singolo scatto ha luce propria.
È, piuttosto, un invito all’organizzazione di pratiche meno omologanti e autoreferenziali che abbiamo come scopo ultimo quello di coinvolgere attivamente coloro i/le quali sono definiti/e “portatori e portatrici di differenza”.

K.V.V