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Backgroound Image

R di rassegna

“[…] (foto: Men standing with pile of buffalo skulls, Michigan Carbon Works, Rougeville MI, 1892. Burton Historical Collection, Detroit Public Library). Migliaia di teschi ammassati uno sull’altro, come un monumento clamoroso all’annientamento. Questa è una delle immagini più rappresentative della storia americana. Una fotografia in bianco e nero, scattata alla fine dell’Ottocento. Una montagna di crani di bisonte, a testimonianza del potere di chi vi poggia i piedi in cima. I coloni bianchi, nella conquista dell’ovest, avevano capito che questo era l’unico modo per spezzare la resistenza degli indigeni e spingerli ad abbandonare quelle terre. E lo sterminio deliberato di quelle mandrie serviva allora, non solo a distruggere le economie native, ma a cancellare ogni possibilità di sussistenza autonoma. Senza animali da cacciare, senza pelle per coprirsi, senza carne per sopravvivere, i popoli indigeni furono spinti alla resa. […] Chi sopravvive, lo fa spesso non grazie alla giustizia, ma alla carità condizionata. Alla provvisorietà di un aiuto che non modifica le cause strutturali, ma le normalizza. La fame come governance è una gestione del disastro che mantiene il disastro attivo.”

“Ma, a mio avviso, il pericolo maggiore è dentro di noi: il famigerato confirmation bias. Potremmo tradurre la locuzione con “pregiudizio di conferma”. In pratica, siamo portati a confermare un’ipotesi tramite prove a favore, piuttosto che cercare di prendere in considerazione evidenze contrarie. Il confirmation bias tenderà quindi a farmi prendere come buone solo le informazioni che confermano l’idea verso cui sono pregiudizialmente orientato, scartando così ogni ipotesi alternativa. Mi indurrà a ricercare e raccogliere tutti i dati che la supportano, rifiutando o sminuendo le informazioni contrarie.”

Cinepresa 04 | Bjøvika

Bjøvika è la zona portuale dove i norvegesi fanno il bagno e prendono il sole. Un tempo l’area era destinata allo stoccaggio di container, oggi costituisce il nuovo centro urbano affacciato sul fiordo di Oslo: è percorso da numerosi locali con saune lungo il molo dove è possibile immergersi nelle acque gelate del Mare del Nord. Ma – cribbio – da dove viene tutto questo benessere?

Sempre in Norvegia, a Mongstad (Bergen), si trova la principale raffineria del paese (“e la più avanzata in Europa”)* del colosso petrolifero Equinor, controllato in maggioranza dallo Stato.

Proprio in questi giorni, circa 200 attivisti di Extinction Rebellion stanno protestando per denunciare l’industria petrolifera nazionale e smascherare “il mito dei Paesi nordici come leader verdi e progressisti”, evidenziando la contraddizione tra l’immagine eco-friendly e la dipendenza da un’economia fossile.

Il video è immerso in un tappeto sonoro di rumori industriali e assordanti di uno stabilimento generico. Purtroppo, non sono riuscita a reperire registrazioni audio specifiche di una raffineria petrolifera. Lo scopo era quello di evidenziare, attraverso la sollecitazione simultanea della vista e dell’udito, le profonde contraddizioni insite nel concetto stesso di benessere.

*fonte equinor.com

#oilkills

P.D.F. | L di libri

Reincantare il mondo. Femminismo e politica dei «commons» (Ombre Corte, 2020) di Silvia Federici è un’opera fondamentale che esplora le potenzialità rivoluzionarie dei beni comuni nella lotta contro il capitalismo patriarcale. In questo testo, Federici analizza il debito come un dispositivo di potere estrattivo, strumentalizzato da governi e istituzioni finanziarie globali per accumulare ricchezza e disgregare i legami di solidarietà sociale. La studiosa sostiene che la crisi del debito non sia un semplice fenomeno economico, ma una strategia sistematica finalizzata a smantellare la capacità delle comunità – dei villaggi come dei “comuni” urbani – di riprodurre la vita in autonomia. Questo processo viene attivamente sostituito con un sistema coercitivo volto esclusivamente alla produzione di plusvalore.

Qui per ascoltare la prima di una serie di interviste (tot. 5) a Silvia Federici

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Fine pasto. Il cibo che verrà (Einaudi, Vele, 2015) di Vito Teti è un’analisi antropologica della trasformazione del senso del mangiare: dal mondo della fame all’eccesso contemporaneo. Teti esamina come questo passaggio abbia stravolto non solo i cibi e i metodi di produzione, ma anche la salute, i corpi, le relazioni sociali. La perdita della frugalità ha segnato la scomparsa di un intero sistema di valori, alimentando sfruttamento e diseguaglianze globali.

Qui per verificare le biblioteche comunali romane dove è possibile chiedere in prestito il libro

Osservatorio LAVORO DOMESTICO e DI CURA | F di Film

The Flor Contemplacion Story (1995)

Regista: Joel Lamangan
Protagonista: Nora Aunor
Genere: Drammatico, Biografico

Il film è la drammatizzazione della vera e controversa storia di Flor Contemplacion, una lavoratrice domestica filippina emigrata a Singapore.

La vicenda inizia mostrando la vita normale di Flor, una madre di famiglia che, come milioni di suoi connazionali, si è trasferita all’estero per lavorare e mandare i soldi a casa, sacrificando affetti e una vita quotidiana con i propri cari.

La sua esistenza precipita nell’incubo quando viene accusata dell’omicidio di un altro lavoratore filippino, Delia Maga, e del bambino di quattro anni che era sotto la sua tutela. Nonostante le sue ferme dichiarazioni di innocenza, Flor si ritrova sola in un sistema giudiziario straniero che non comprende appieno.

Il film segue la sua battaglia legale disperata e solitaria, le pressioni politiche, le inchieste lacunose e le torture psicologiche che subisce durante la detenzione. Parallelamente, viene mostrato l’impatto della tragedia sulla sua famiglia nelle Filippine e la mobilitazione dell’opinione pubblica filippina, che trasformò il suo caso in un cause célèbre nazionale, mettendo sotto accusa il governo per la sua incapacità di proteggere i propri cittadini all’estero.

  • Qui per guardare il film
  • Qui per leggere un articolo in tagalog dedicato alla magistrale attrice filippina Nora Aunor  pubblicato su Pinoy Weekly

Triangle of Sadness (2022)

Regista: Ruben Östlund
Protagonisti: Harris Dickinson, Charlbi Dean, Woody Harrelson, Dolly De Leon
Genere: Commedia nera, Satira

Vincitore della Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes, Triangle of Sadness di Ruben Östlund condensa in 142 minuti la fragilità di quei rapporti di classe il cui status appare impossibile da sabotare.

Ruben Östlund lo ha reso invece possibile, intervenendo direttamente sullo spettatore. Il film è stato infatti reputato “assurdo”, “strano” da occhi appartenenti ai ceti sociali più o meno abbienti, mentre ha provocato un senso di orgoglio presso quel pubblico composto da persone che, non possedendo mezzi di produzione, non ha altra ricchezza che le proprie braccia, le quali presta sottoforma di forza-lavoro dietro il compenso salariale.

Dolly de Leon, attrice filippina, interpreta magistralmente il personaggio di Abigail, l’inserviente dello yacht di lusso, incarna – dai primi minuti della sua comparsa in scena – “la filippina”.

Quest’ultima espressione fa parte di un meccanismo di identificazione attraverso cui a una data identità nazionale o etnico-razziale vi corrisponde una precisa condizione lavorativa: Abigail è, dunque, l’ennesima filippina che svolge i cosiddetti “lavori umili” e che, quindi, cura, rassetta, cucina.

Ma lungi dall’essere un rinforzo allo stereotipo quello del regista, perché il film riserva uno sviluppo nella sua trama per cui i ricchi villeggianti della crociera di lusso si ritrovano improvvisamente a dover obbedire ad Abigail che, unica in grado di gestire la situazione di difficoltà in cui si ritrovano, riesce a guadagnarsi il rispetto altrui. Di quegli altri che prima la disprezzavano.

In Italia, per converso, le lavoratrici del settore domestico e di cura faticano a ottenere pieno riconoscimento dei loro diritti e, a rigor di logica, maggiori tutele. Si tratta perlopiù di donne di origini straniere che, nonostante il ruolo economicamente attivo di breadwinner (procacciatrici di reddito) delle loro famiglie, sono da sempre escluse dal percorso di emancipazione economica e partecipazione sociale previsto in un sistema socio-politico che si dichiara essere democratico.


Bread and Roses (2000)

Regista: Ken Loach
Protagonisti: Pilar Padilla, Elpidia Carrillo, Adrien Brody
Genere: Drammatico sociale

Bread and Roses uscito nel 2000 e diretto da Ken Loach, è un dramma politico sociale che racconta la storia delle lotte dei lavoratori ispanici immigrati illegali in California, noti come “janitors”, addetti alle pulizie degli uffici, che cercano di sindacalizzarsi per resistere allo strapotere delle ditte per cui lavorano. «Noi vogliamo il pane, ma vogliamo anche le rose. Vogliamo tutte le cose belle, tutte le cose belle della vita».