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Osservatorio LAVORO DOMESTICO e DI CURA | tita Lorelei e tito Renato

tita Lorelei e tito Renato sono una coppia filippina arrivata in Italia in momenti diversi, uniti da un percorso di sacrificio e resilienza. Lei è arrivata per prima, nel 1991, su un treno che da Zurigo scendeva verso Milano per poi fermarsi a Roma. A differenza di altri, all’arrivo non c’era nessuno ad aspettarla.

“Volevo studiare ingegneria”, racconta Lorelei, “ma a casa avevano bisogno di soldi. Così ho messo da parte i libri e ho iniziato a lavorare”. In quel periodo ha condiviso casa con un’altra donna filippina, che le ha insegnato a pulire. “Mi portava con sé, e io imparavo guardando”.

Quei primi anni sono stati segnati da una solitudine tagliente. “Quando lasci il tuo paese, sai che la tua vita coniugale dovrà affrontare molti ostacoli. Io piangevo tutte le sere”, confessa. Renato la raggiunge solo nel 2008, grazie al ricongiungimento familiare. È stata lei, allora, a insegnare a lui il mestiere.

Renato ricorda vividamente la sua prima esperienza come badante: “È il lavoro più difficile, soprattutto quando l’anziano pesa più di te. A volte perde la pazienza e ti sgrida”. Entrambi, oggi, preferiscono di gran lunga le pulizie. “La mattina presto in ufficio o al bar non c’è nessuno che ti guarda o ti dice come fare. È un lavoro tranquillo”, spiega Lorelei.

Eppure, nonostante i ventotto anni di esperienza, quel lavoro non lo sente davvero suo. “Soffro quando mi chiamano ‘la donna delle pulizie’. Rimpiango di non aver potuto studiare”. Renato le posa una mano sulla spalla e sorride: “Non devi vergognarti. È un lavoro dignitoso, come tutti gli altri”.

Osservatorio LAVORO DOMESTICO e DI CURA | Cristina

Incontro Cristina per un’intervista, che si è svolta in uno degli appartamenti che pulisce di solito il giovedì. Appena arrivo, mi accoglie con un gesto verso lo spazio intorno a noi: “Hai visto quant’è piccola? Per fortuna qui non c’è troppo lavoro. Domani, però, mi tocca pulire le finestre di un edificio di suore a Piazza Navona”.

Mentre maneggia il ferro da stiro, Cristina mi racconta di lavorare per una cooperativa, un’impresa di pulizie. “Ti assegnano uffici, condomini, appartamenti… insomma, quello che capita. Io di solito faccio uffici e condomini”, spiega. Sono tre anni che lavora così, ma nel frattempo ha anche avviato lavoretti in proprio. “La cooperativa non è sicura”, ammette. “Ho lavorato per altre cooperative prima: nelle scuole, in altre case… Poi hanno chiuso, e io sono rimasta in difficoltà. Quando cala la domanda, perdono gli appalti e ti licenziano all’improvviso”.

Si tratta soprattutto di una questione di stabilità. Cristina cerca altri lavori soprattutto per ragioni economiche: “La cooperativa paga poco. In privato, invece, il prezzo lo decidi tu con il cliente. Con la cooperativa devi ammazzarti di lavoro per tirare fuori uno stipendio dignitoso”. Alla fine, però, riconosce un vantaggio: “Essere in regola con la cooperativa un giorno mi garantirà una pensione, fosse pure minima”.

Osservatorio LAVORO DOMESTICO e DI CURA | tita Shie

Il primo settembre 2018 incontro Shie. Mi racconta che nel 2008 lasciò il suo paese, le Filippine, e la sua famiglia. Appena arrivata in Italia fu accolta dai parenti, già da tempo residenti in Europa. Ricorda bene la sua prima volta a Roma: “Mi è piaciuta la città, ma ho avuto subito paura. Sentivo che la lingua e il lavoro sarebbero stati difficili”.

Il suo primo impiego fu come collaboratrice domestica. “I datori di lavoro erano molto disponibili, parlavano inglese. Ma i bambini mi trattavano male”, racconta. Poi aggiunge: “Se i bambini che accudisci non li hai cresciuti tu, ti mancano di rispetto. Per esempio, quando piegavo i loro vestiti e li mettevo sul letto, loro li buttavano giù apposta per farmi dispetto. E poi è difficile prendersi cura dei figli degli altri, vederli crescere, senza sapere come stanno i tuoi”.

In undici anni in Italia, Shie non ha mai voluto fare la badante. “È il lavoro più difficile, rispetto alle pulizie e a fare la tata. Non sono abituata a parlare con gli anziani, a lavarli”, confida.

Quando le chiedo se si sia mai sentita trattata male dai datori di lavoro, risponde: “Grazie a Dio, adesso tutti i miei datori sono buoni. Ma in passato ho lavorato in una casa in zona Prati e la padrona era molto tirchia: non mi lasciava usare l’acqua calda per lavare i piatti. Quando le mostrai le mani screpolate, mi disse di usare i guanti. Inoltre la madre, dopo che pulivo il pavimento e passavo la cera, sbriciolava per terra il biscotto che stava mangiando”.

Oggi Shie lavora in sei case diverse, tutte con contratto part-time. “È meglio lavorare con il contratto, sia per me che per i miei datori. È più sicuro essere in regola: hai la tredicesima, i giorni di malattia pagati e le ferie”.

Concludiamo l’intervista con il suo appello ai datori di lavoro, presenti e futuri:
“Io spero di essere trattata bene anche in futuro. Con questo lavoro non puoi aspirare al meglio, ma speri sempre che al colloquio ti capiti una brava persona. Preferisco guadagnare di meno ma lavorare in un ambiente accogliente, piuttosto che guadagnare qualche euro in più e avere datori che non apprezzano quello che fai”.

Osservatorio LAVORO DOMESTICO e DI CURA | I di inchieste

  1. The domestic slaves rescued from London’s richest streets (Le schiave domestiche salvate dalle strade più ricche di Londra), Channel 4 News | 25/08/2023
  2. Exploitées en silence: des femmes réduites à l’esclavage en plein Paris (Sfruttate in silenzio: donne ridotte in schiavitù nella Parigi bene), FRANCE 24 | 18/07/2025